Perché vi rompiamo i cabasisi

Catania, estate 1996

Non abbiamo da sempre avuto diritto allo studio, al lavoro, al voto, all’amore, al divorzio, all’aborto, alla contraccezione e nemmeno a manifestare. Niente è piovuto dal cielo, né ci siamo nate con certi diritti, ma ciò che abbiamo ci è stato donato da chi lottava, ricordava, gridava, insomma rompeva i cabasisi.

Facciamo un salto indietro nel tempo.

In pieno Rinascimento le donne erano confinate ai ruoli tradizionali di “monaca, moglie, serva, cortigiana”. Perchè pretendere di più? E se nel ‘600 le donne italiane intellettuali sono ormai una presenza affermata nella cultura del tempo, pur se confinate ai loro salotti di casa, bisogna arrivare al 1874 per avere data la concessione di accedere ai licei e alle università, anche se le iscrizioni erano poche, elittarie e spesso respinte. Mah! Chissà perchè!

Il Risorgimento è il primo evento della storia italiana nel quale la partecipazione femminile sia apertamente ricercata e riconosciuta. Il nuovo Stato unitario ci esalta e idealizza come madri e spose del Risorgimento, ma non concede ancora alcun diritto. Ma che ci eravamo messe in testa?!

E’ nel lavoro nei campi e nelle fabbriche che si ottengono maggiori diritti essendoci una presenza femminile e minorile elevata.

La battaglia per l’emancipazione e il diritto al voto si riaccende solo agli inizi del ‘900 arrestata dall’arrivo delle guerre, del fascismo e la Resistenza.

La spinta per l’emancipazione femminile si attenua con il raggiungimento del diritto al voto e prosegue a piccoli passi. Il 10 marzo del 1946 fummo chiamate a votare per le elezioni amministrative. Si parla di leggi sul divorzio nel 1970, aborto e contraccezione nel 1978, prima di allora si abortiva clandestinamente.

Solo nel 1981 furono abrogati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore.

“Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella” Codice Penale, art. 587.

Nonostante la condizione femminile in Italia è oggi diversa che nel passato, non eccelliamo in classifica per uguaglianza di genere e c’è sempre da rimanere vigili e lottare.

Il femminicidio rimane impunito se lo paragoniamo a 20 anni fa, cosi come la “tesi della minigonna”, quella della te la sei cercata, rimane un ever green.

Si continua a dibattere sulla legalità dell’aborto e a far sentire la donna che per una serie di motivi imprevedibili, come la vita stessa è, lo deve praticare, un’assassina.

Nel mondo politico e religioso continua a prevalere la figura maschile e, a parità di orari e responsabilità, la donna continua a guadagnare meno.

Nelle faccende di casa il compagno spesso  “aiuta”.

E allora noi, sapete che facciamo? Continuiamo a rompere i cabasisi: oggi, domani and beyond! 🙂

pubblicato su I Siciliani giovani

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