Nel ricordo di mia madre

mia madre

Ci si interroga spesso su ciò che resta dopo la morte se la morte è quella della propria madre, la cui fede l’ha rassicurata sulla continuità della vita oltre una vita terrena. Si muore una volta sola o si continua a vivere?
Si muore se il ricordo sbiadisce. Si continua a vivere se nel ricordo dei propri cari.
E’ quindi solo nella coltivazione dei ricordi che si sopravvive.

A mia madre – Eugenio Montale

Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce dal sonno eterno, rotta
felice schiera in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un’ombra la spoglia (e non è un’ombra,
o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto di una
vita che non è un’altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell’esilio
folto d’anime e voci in cui tu vivi.
E la domanda che tu lasci è anch’essa
un gesto tuo, all’ombra delle croci.

La strada che conduce all’aldilà non esiste, l’unico sistema per sopravvivere è quello di riproporre alla memoria dei superstiti i caratteri che distinguevano in vita quelle determinate persone. Solo questo ti distingue nel mio ricordo affettuoso dall’immagine di altre persone meno intensamente ricordate. E anche la domanda che tu mi lasci; proprio la tua richiesta, di non curarmi del corpo ma dell’anima, ti distingue dalle altre persone morte.