Maestru d’Ascia stu versu scrivu a manu, cu tia provu ‘nsemi ‘na gran tristizza, rispetti cchiù non cc’è di l’ artigianu, giustizia addumanna tutta la Trizza dalla poesia di Giovanni Rizza, poeta dialettale
Salvatore Rodolico ci aspetta e ci accoglie con l’abitudine di chi riceve sempre molta gente, ma senza noia o stanchezza.
Ci parla di quello che fu il Cantiere, ci mostra foto e vecchie glorie, racconta di grandi costruzioni e di lavoro fatto con vera passione, tanto amore e soddisfazione.
“Chi fa un lavoro che ama, non lavora mai” e Rodolico ne è la prova vivente.
Lo storico Maestru d’Ascia da Trizza seduto al tavolo del suo cantiere ormai “ristretto”, porta nel viso il sole e il sale del questo angolo di mondo.
Nel sangue la salsedine di Trezza, negli occhi il porto dei Malavoglia dove il suo sguardo ogni tanto si perde.
Al cantiere è presente il figlio Giovanni, al momento ultimo maestro d’ascia, che lavora ad una piccola imbarcazione.
Ci raccontano Salvatore e Giovanni che fino al 1991 qui si sono costruiti pescherecci adibiti alla pesca del tonno e dello spada, quindi grandi imbarcazioni. Un lavoro che coinvolgeva tutta la famiglia Rodolico e il paese che ruotava intorno alla produttività del cantiere: negozi di nautica, attrezzatura per la pesca e per i pescherecci…
Poi arriva il monito: “troppe imbarcazioni in mare, bisogna adeguarsi e ridurre”. Così tuonò la Comunità Economica Europea.
E piano piano, si è smesso di costruire per arrivare ad un blocco e all’inevitabile spegnimento de il paese dei pescatori di AciTrezza.
“Oggi puoi costruire una nuova barca solo se demolisci le vecchie. Le assembli e ricostruisci una barca di uguale peso. Per il resto, il cantiere fa solo rimessaggio e lavori di manutenzione, fatte di solito nel periodo invernale.
Ogni tanto qualche barchetta da diporto ma sempre con la stessa emozione quando si giunge al Varo, la messa in acqua. Si va avanti, ma con molte difficoltà”.
Dove le imbarcazioni facevano da cornice al meraviglioso luogo dei Malavoglia, adesso c’è un bel parcheggio auto che sembra avere tutte le intenzioni di “allargarsi”.
Magari qualche altro ristorante, più cocktail bar e luoghi simili che tanto ormai la Sicilia sta diventando sempre più un locale a cielo aperto per turisti e per quelli che si atteggiano a tali, con i tavolini dei privati che invadono i marciapiedi e sempre meno panchine pubbliche, con sempre meno identità culturale e attività popolare.
Una lenta trasformazione che tende a spegnere la luce dei nostri luoghi più storici.
l’intervista al Maestro d’Ascia Rodolico di Daniela Giuffrida